venerdì 25 gennaio 2008

IO E LA GEOMETRIA


In questa pagina narrerò la mia storia, i miei trascorsi con la geometria facendo riflessioni spontanee ma anche delle vere e proprie critiche sull’insegnamento di questa materia.Ritengo che la geometria sia fondamentale in quanto si qualifica come studio e comprensione dello spazio che ci circonda ed è uno dei più complessi edifici concettuali sviluppati dall’uomo.

Desidero introdurre il discorso facendo una premessa.

Il mio rapporto con la geometria come quello di tutti bambini nasce ben prima della comparsa alla scuola primaria della materia scolastica.
Il bambino fin dai primissimi mesi
è in grado di elaborare le informazioni percepite con i vari organi sensoriali (collegandole con quelle che piano piano ha già interiorizzato e servendosi di schemi mentali interpretativi) per trarne valutazioni (metriche, di confronto) che lo indirizzino prima nella scelte tra diversi movimenti possibili, poi nei movimenti degli arti, degli occhi e delle altri parti del corpo. Credo che il bambino quando compie uno spostamento, per orientarsi nei giochi, nello spazio che lo circonda , guida i propri movimenti secondo automatismi che attraverso l'esperienza ha interiorizzato e servendosi di ragionamenti di tipo geometrico.
Anche nel tentativo di imparare ad utilizzare oggetti, strumenti, per capirne il funzionamento il bambino fa ricorso ad una vastità di ragionamenti spaziali..
E’ noto che il bambino costruisce i primi schemi spaziali in relazione al proprio corpo,
e anche con le prime relazioni sociali attraverso l'acquisizione di capacità di interagire per individuare la persona da cui farsi porgere un certo oggetto, capire se può esser visto o no da una data persona, dominare il complesso intreccio di riferimenti che si sviluppa nelle attività di gioco collettivo,…
Personalmente mi è stato riferito che fin da piccolissima (da quando ero in grado di esprimermi) notavo il cambiamento di disposizione di oggetti vari(tappeti, centrini, soprammobili) soprattutto a casa di mai nonna.
Anche questa mia capacità d’osservazione penso sia frutto
di un ragionamento geometrico!!!!!!
Anche nell’ azione di decodifica dei disegni presenti nei libri illustrati
vengono richiesti ragionamenti di tipo geometrico. E’ proprio attraverso il disegno e attraverso l'osservazione di disegni , immagini creati da altri incomincia a costruire e interpretare modelli che rappresentano persone, oggetti, e le loro relazioni spaziali.
Anche a livello della comunicazione verbale
il bambino comincia ad avvalersi di concetti che sono modello di comportamenti di tipo spaziale: destra, sinistra,sopra sotto
Se si presta attenzione alle
prime forme di scrittura, di memorizzazione,di denominazione, di rappresentazione di lettere e parole,sono altre attività che comportano il ragionamento geometrico.
Oggi
viviamo in un ambiente pieno di stimoli che permette al bambino di compiere complesse attività mentali di tipo geometrico e quindi la scuola consapevole di questo, dovrebbe essere in grado di suscitare maggiore attrattiva verso questa disciplina rispetto ad altre, ma ciò non avviene.

Spesso in questa materia si riscontrano i risultati scolastici più negativi specie nella scuola primaria.
Occorre considerare che il bambino arriva alla scuola primaria che ha già vissuto numerose esperienze di tipo spaziale, visivo e motorio; l’ambiente in cui è immerso è tridimensionale: i suoi giochi, il materiale scolastico per cui la geometria tridimensionale rappresenta una lettura della realtà intuitiva, essendo “visibile”ed immediata.
Questo primo approccio alla geometria consente la formazione delle prime “immagini mentali” che possono essere visioni mentali o capacità di interagire con la realtà spaziale.
Occorre introdurre il discorso geometrico riferendosi ad
una geometria dello spazio concreto, dunque di uno spazio a tre dimensioni che viene assunto a “modello” dello spazio geometrico.
Personalmente ritengo che l’insegnamento della geometria richieda un approccio di carattere pratico e ludico come attività sul reale in cui imparare diventa conseguenza del fare.
Il bambino che in prima persona agisce diventa protagonista del proprio percorso d’apprendimento che, proprio perché sostenuto dalla motivazione, può dare origine a competenze solide e sicure.
Bisogna a mio parere, porre l’allievo in una situazione che
motivi il concetto matematico che si vuole far apprendere e che, attraverso l’interesse, lo induca a farsi carico autonomamente del proprio apprendimento.
L’allievo così facendo diviene il
protagonista nella costruzione del proprio sapere
Così facendo lo si sprona ad essere curioso e ad osservare la realtà in modo personale, non stereotipato; acquisendo via via il piacere della ricerca e della scoperta.
E’ evidente la necessità di
proporre attività di sperimentazione volte a un insegnamento geometrico motivato e che, intrecciandosi allo sviluppo di altre abilità disciplinari, miri ad instaurare un rapporto attivo con le rappresentazioni mentali degli alunni.
Ma come si potrebbe introdurre il discorso geometrico?
All'inizio della scuola primaria i disegni dei bambini possono costituire un terreno fondamentale sia per l'esplorazione delle loro conoscenze e abilità prescolastiche di tipo geometrico che per lo sviluppo di esse: osservare i disegni dei bambini, chiedere loro che cosa rappresentano ecc con momenti di dialogo spontaneo.
In un contesto
naturale per il bambino si può fare verifiche e approfondimenti relativi ai primi elementi di lessico spaziale: a destra, davanti, sopra, più alto, più largo, … .
Chiedere al bambino di rappresentare con un disegno soggetti particolari e facendogli fare confronto tra essi e il disegno realizzato per passare man mano a rappresentazioni più realistiche (in forma, dimensioni,ecc) consentono la discussione di altri concetti geometrici
La mia maestra, adottava un tipo di insegnamento cosiddetto "tradizionale" nell’insegnare la geometria , che
veniva ridotta ad alcune questioni inerenti la misura di particolari figure geometriche.
Purtroppo vivevo una situazione di terrore che impossibilitava l’apprendimento (vedi rapporto con la matematica) PAURA DI
IMPARARE! Perché qualora avessi sbagliato già sentivo il giudizio negativo e la possibile sberla in agguato!
A posteriori mi sorprendo di non essere crollata psicologicamente!!!
La psicologia ci insegna che valutazioni negative sul proprio operato vengono percepite come valutazioni sulle proprie capacità più che sulle proprie prestazioni e hanno quindi come effetto la rinuncia a priori ad utilizzare le risorse possedute..
Ciò che ci trasmetteva era la visione della matematica-geometria
vista come una successione di regole, più o meno sensate, da imparare a memoria, algoritmi da applicare acriticamente e quindi l’errore era dietro l’angolo.
Ella non è stata in grado di resistere dal mortificare qualsiasi tentativo sbagliato da parte dell’alunno e qualsiasi sistema risolutivo diverso da quello che proponeva lei stessa.
Un’insegnante non dovrebbe bloccare l’alunno che sta sbagliando ma lasciarlo sbagliare per fargli comprendere che la strada intrapresa non è produttiva.
Ricordo che puro terrore provavo nello svolgere le equivalenze!
Per quanto riguarda i problemi la mia insegnante non voleva che trascrivessimo i dati e le incognite (elementi indispensabili per la risoluzione dei problemi.) ma dicendo solo l’operazione
utile alla risoluzione.
Come è possibile risolvere un problema prescindendo da questa categorizzazione?
Semplicemente impossibile anche perché la fase di rappresentazione grafica del problema dipende proprio da questo.
Se non sei in grado di identificare i dati e le incognite non puoi nemmeno pensare alla sua soluzione!
E' nel risolvere i problemi con i quali l’uomo si era costretto in un certo qual modo a confrontarsi che ha iniziato ad elaborare le sue conoscenze matematiche; è lecito pensare che ciò possa avvenire anche nell’allievo.!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ricordo ancora quante battaglie con mia madre che insisteva nel farmi dare”ordine al problema” individuando gli elementi appartenenti ai dati e quelli delle incognite da cui procedere per ragionare in termini risolutivi!
Io mi intestardivo dicendo che non bisognava fare in quella maniera, che non era
necessario farli e così se davo ascolto a mia madre arrivavo a scuola e ne sentivo quattro dall’insegnante, se invece provavo a farlo come d’indicazione non riuscivo a risolverlo e non avevo neppure l’aiuto di mia madre.
Mia madre mi ha seguita molto soprattutto quando dovevo fare quei noiosissimi compiti, cercando in tutti i modo di motivarmi, di rendere interessante ciò che facevamo a scuola tentando di spiegarmelo in modo più semplice e intuibile.

E’ giusto che un genitore debba sopperire alle mancanze di un’ insegnante?

Ritengo che ognuno debba fare il proprio lavoro al meglio!
Le attività, secondo me dovrebbero essere proposte in forma ludica in quanto il gioco, utilizzato come pratica didattica, è una formidabile strategia per suscitare interesse e motivazione a tutti i livelli scolastici ed è un ottimo mediatore e produttore di conoscenze.
Certo l'insegnante dev'essere duttile ed flessibile oltre che paziente e soprattutto incoraggiante:
cercando di appianare le possibili difficoltà dell’alunno sostenendolo nel superare gli ostacoli, per generare in lui fiducia in se stesso e piacere di esplorare e di fare. Più problemi si incontrano, più la didattica si dovrebbe affinare e perfezionare. Con gli allievi ben dotati è certo più facile lavorare; ma sono quelli più in difficoltà che invece ci stimolano a ricercare vie nuove per risolvere problemi a volte imprevedibili.
Al di là di ciò,
quando un’insegnante propone un argomento verrebbe da chiedersi che cosa abbiano a che fare questi discorsi con le esperienze reali del bambino.
Sarebbe didatticamente migliore proporre attività che partendo dal concreto come ad esempio l'osservazione che il sole non conserva il colore,
introducendo discussioni sulla relazione tra ombre e oggetti piuttosto che a proporre attività che si riducono a prendere in considerazione solo la forma degli oggetti come rappresentazione delle figure su fogli o lavagne (inducendo a ritenere che una data figura debba avere una fissata orientazione - es.: rettangolo = figura con lati parallelli ai bordi del foglio )
Far osservare una pluralità di forme(non solo quelle poche figure stereotipate al cui studio la scuola a volte riduce la geometria), contribuisce ad accrescere nei bambini la comprensione dell'ambito della geometria e del ruolo e del significato delle
figure geometriche.
Alla scuola media il rapporto è migliorato anche se conservavo un certo timore verso la materia e uno scetticismo verso i miei possibili risultati positivi.
Per quanto riguarda il disegno tecnico mi sentivo negata perché non riuscivo a realizzare una proiezione ortogonale perfetta (essendo mancina sporcavo il foglio di matita e avevo difficoltà a tenere nella giusta posizione le due squadre)
Arrivando alla scuola superiore ricordo tanti esercizi, problemi e
soprattutto dimostrazioni geometriche…tante nozioni da rimandare a memoria che se non si capiscono perfettamente ritengo siano inutili!
Vorrei concludere con questa massima:

Siccome il mangiare sanza voglia fia dannoso alla salute, così lo studio sanza desiderio guasta la memoria, e non ritien cosa ch’ella pigli.”

Leonardo

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